lunedì 30 novembre 2009

Italia – Samoa vista “quasi” da dietro le quinte

Ho passato la giornata a riflettere su quello che abbiamo combinato qui ad Ascoli con la Nazionale e a cosa dovremo, noi tutti, escogitare per far si che l’esperienza di ieri possa essere ripetuta in un posto qualunque della nostra regione e non rimanga un episodio singolo e fortunato.
Vi confesso una cosa, tutto ciò che fino a ieri mi era sembrato naturale e semplice oggi, the day after, forse per tutti i complimenti ricevuti da amici e conoscenti, appassionati di rugby e non, giovani e meno giovani, o forse condizionato dall’enorme, e probabilmente giusto, rilievo che i giornali locali ne danno nei loro articoli, ripeto tutto mi appare così importante da farmi chiedere: ma come cacchio abbiamo fatto? E ripercorro con il pensiero le ultime settimane, il test-match di Milano e poi quello di Udine e, forse non erano ancora rientrati i giocatori negli spogliatoi del Friuli, vedo il cellulare di Giancarlo Oresti cominciare a diventare rosso per il gran numero di telefonate ricevute dai vari responsabili RCS.
Ed è proprio qui che volevo arrivare, per tutti questi mesi mi sono crogiolato all’idea di essere stato uno degli artefici di questa bellissima giornata per il solo fatto di aver pensato un anno e mezzo fa che anche una piccola società potesse aspirare a ospitare la nostra Nazionale, come se il solo fatto di aver tirato un sasso in uno stagno significasse aver costruito qualcosa. Poi vedo Giancarlo con il telefonino sempre in mano, pare sia arrivato a usare quattro o cinque batterie al giorno, con nell’altra mano carte, appunti e ancora carte, lo sento chiedere come fare una cosa o cercare chi si può precipitare in tale luogo per preparare o fare o prendere una certa cosa. Lo sento rispondere su dieci argomenti, dal tale arbitro che dopo la partita deve essere accompagnato subito in aeroporto ai biglietti che sembrano non bastare per tutti, lo aspetto per ore, con tutti gli altri, perché dobbiamo, nostro malgrado, pensare anche al nostro quotidiano e ai compiti che molti di noi saranno chiamati a svolgere, e lo vedo affrontare tutto questo con una calma inusitata e un po’ fuori moda. Insomma se vogliamo dare a Cesare quel che è di Cesare è Giancarlo il primo artefice di questo miracolo ed è a lui che in questa strepitosa occasione dobbiamo rivolgere la nostra gratitudine.
Completo quindi il mio pensiero iniziale invitando tutti, dal Rubicone (più o meno) al Tronto, a cercare il vostro stagno in cui gettare un bel sasso così come invito tutti i Giancarlo Oresti della nostra regione a trovare l’idea o la collaborazione necessaria per svilupparne una perché, se vogliamo che le Marche diventino un pezzo importante del pianeta rugby italiano, gli eventi di questo tipo sono il grimaldello giusto per ottenere il miglior risultato.

Nessun commento:

Disclaimer

«Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001»